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Feb 2013
Gli Italiani e le Imprese: esiste ancora un pregiudizio antindustriale?

In Italia, come ovunque nel mondo, la ricchezza e il benessere vengono creati dalle persone che operano nelle organizzazioni di norma chiamate imprese. Ma in Italia, diversamente da molti altri paesi, le imprese non godono di molta fiducia e rispetto. È un sentimento diffuso di più o meno esplicita ostilità che circonda aziende, imprenditori e manager di imprese private (soprattutto) ma anche pubbliche. È un sentimento che sembra non venire mai meno e che, naturalmente, si accentua nei periodi di crisi, quando le difficoltà aumentano e molte imprese sono costrette a licenziare.


Alla base di questa diffusa ostilità ci sono matrici culturali antiche (di spirito marxiano, ma anche cattolico), scelte politiche opportunistiche, ma anche oggettive responsabilità delle imprese stesse e delle classi dirigenti.


Di fatto, la cultura d’impresa in Italia fa fatica a trovare una legittimazione come invece ottiene in altri Paesi. Il profitto, il ritorno su un investimento, la produttività o la flessibilità sono concetti impopolari e invisi a molta parte della popolazione, forse troppo assuefatta a protezioni pubbliche e privilegi di casta ai più diversi livelli. E non si vede chi oggi voglia particolarmente esporsi per rivendicare una legittimità negata, né negli ambiti della politica né in quelli (che sarebbero più appropriati) delle associazioni imprenditoriali, mentre la cultura accademica opera brillanti esercizi di equilibrismo per non esporsi a facili critiche.


Questi alcuni dei temi, di bruciante attualità, che verranno discussi nell’incontro di The Ruling Companies da parte di autorevoli rappresentanti del mondo imprenditoriale e intellettuale, alla ricerca di una soluzione per il complesso problema dello spirito anti-industriale così diffuso in Italia.


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