26
Mar 2018
Numero Nr. 456
Far leva sulla leadership scientifica per rilanciare le nostre aziende

Le forti risorse investite in scienza nell’UE vanno trasformate in nuovi prodotti e servizi vincenti riorganizzando la collaborazione pubblico-privato. Puo’ servire la banca degli intangibili.

 

L’Unione europea si conferma leader mondiale nelle pubblicazioni scientifiche che ne fanno una potenza di alta qualità nella scienza. Ma continua a essere surclassata nell’innovazione e nell’imprenditoria da Usa, Giappone e Cina.

Ci sono fattori che frenano la trasformazione delle scoperte scientifiche in innovazioni delle aziende e, quindi, in prodotti e servizi che entrano nei mercati. Il principale e’ la diversa prospettiva temporale: da una parte gli studi scientifici si basano sui finanziamenti pubblici che guardano prevalentemente al lungo periodo, dall’altra le aziende sono interessate a investire prevalentemente con una prospettiva di breve-medio termine. Cosi’ manca l’allineamento tra questi due attori e il ritorno del grande investimento collettivo nella scienza e’ modesto nella Ue.

Intanto l’Europa e’ tornata alla crescita economica ma la scarsa produttivita’, che ristagna da anni, continua a bloccarne le opportunita’. Un aspetto che in Italia e’ fortemente amplificato e che chiama in causa le nostre aziende. Ecco alcune proposte…

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Il 19% dei capitali in Italia è bloccato in impieghi improduttivi

Il ritardo di produttività impedisce una crescita più robusta di tutta l’Europa. La variazione percentuale della produttività di tutti i fattori nel periodo di dieci anni (2007-2016) evidenzia un miglioramento dello 0,4% per Usa e Giappone e la stagnazione a 0,0% in Ue (con l’Italia che perde lo -0,5%, Germania +0,2%, Spagna +0,3%, Francia 0,0%).

Questo ritardo riguarda sia l’efficienza delle aziende e amministrazioni pubbliche sia gli ostacoli che non permettono di riallocare efficacemente le risorse da impieghi a bassa produttività verso attività più innovative e produttive, bloccando capitali importanti improduttivi e impedendo loro di uscire dal mercato alla velocità necessaria. Oecd stima che in Italia il 19% del capitale disponibile sia bloccato in queste situazioni.

Inoltre il mercato Ue continua a essere frammentato in alcuni settori industriali, nei servizi e nei fornitori di capitali e ciò rappresenta un ulteriore freno alla produttività e alla mobilitazione per una rapida innovazione.

 

La modesta R&S delle aziende stride rispetto al primato di studi scientifici

Nel periodo 2000-2014, mentre gli Usa sono scesi dal 49% al 35% delle pubblicazioni scientifiche di qualità, l’Europa ha aumentato la propria percentuale dal 30% al 33%.   L’Ue rimane inoltre leader per numero di ricercatori.   

L’Ue inoltre primeggia l’insieme formato da: pubblicazioni scientifiche di qualità - investimenti in R&S pubblici -numero di ricercatori -. Ma rimane indietro negli investimenti in R&S delle imprese, salvo alcune nicchie come le telecomunicazioni e il calcolo quantistico.

L’investimento delle aziende è fermo in Europa al 1,3% del Pil (2000-2016) mentre le nazioni che già investivano più di noi hanno ulteriormente accelerato: Usa al 2%, Giappone al 2,6% e la Corea del Sud è arrivata al 3,3%. Anche la Cina, che all’inizio del secolo investiva un debole 0,5%, nel 2016 ha toccato l’1,5%, superando l’Ue già nel 2009.

La capacità di un’economia d’impegnare l’imprenditorialità nel trasformare gli studi in innovazioni reali necessita  ancora di migliori strutture che lo favoriscano: regolamenti, concorrenza e accesso al capitale di rischio (che in Ue continua a essere una frazione di quello disponibile negli Usa).

Il mercato premia gli intangibili

La creazione e la crescita di nuove aziende che si trasformano nei giganti globali che sembrano capaci di raccogliere in tutto il mondo benefici dall’innovazione, è molto limitata in Europa. L’apparato delle aziende tradizionali non sfigura rispetto agli Usa ma le società europee unicorns - start-up che capitalizzano oltre 1 mld di $ - sono appena 26, un quarto di quelle americane (106) e meno della metà delle cinesi (59)!

Le tendenza di fondo è chiara: gli intangibili stanno caratterizzando sempre più le aziende e la capitalizzazione di mercato delle società S&P 500 mostra che il peso degli asset intangibili su quelli tangibili è passato dal 17% del 1975 all’87% del 2015. Asset intangibili come, ad esempio, quote di mercato, contratti, brevetti e marchi, ovviamente, ma anche accordi con i distributori, con consulenti tecnici e creativi, community sui social, referenze, reti tecnologiche e commerciali, modelli di business, ecc..

 

Cosa si dovrebbe fare?

Innanzitutto si dovrebbero promuovere gli investimenti in asset intangibili, pubblici e privati, per cementare la base della crescita che ci serve. E modi più efficaci per trasferire alle imprese le innovazioni di rottura, capaci di creare nuovi mercati.

Gli investimenti in R&S, pubblici e privati, dovrebbero avere un trattamento fiscale diverso, per diminuire i rischi associati alla perdita di posti di lavoro prevista sia per la debolezza di alcuni settori sia per l’avvento dell’automazione. E il capitale di rischio dovrebbe avere incentivi specifici, specie se destinato alle start-up.

Si dovrebbero migliorare le condizioni per (1) accelerare la creazione della conoscenza e la sua diffusione, aprendo i sistemi nazionali dedicati alla scienza e all’innovazione; (2) sostenere l’innovazione trasformativa e la sua diffusione tra settori diversi favorendo la contaminazione incrociata.

Inoltre, in un periodo di grande trasformazione tecnologica, si dovrebbero creare le condizioni per facilitare l’uscita ordinata da settori deboli e trasferirne le risorse in settori più innovativi e promettenti. 

Le innovazioni dirompenti e la banca degli asset intangibili

Invece, ci troviamo difronte all’incapacità in Europa di far progredire la produttività in determinati segmenti dell’economia ad alta tecnologia e nei servizi dipendenti dalla conoscenza che continuano ad essere meno produttivi e meno presenti. In essi è necessario il cambio dei modelli di business che richiede risorse economiche e finanziarie.

Molte innovazioni dirompenti si stanno rapidamente introducendo nel mercato cambiando  le regole del gioco e disegnando scenari nei quali si assiste a un aumento della convergenza tra settori e mercati. Questa dinamica favorisce l’insorgenza di nuove grandi aziende superstar globali che ancora mancano in Europa. In un periodo nel quale le multinazionali hanno più potere degli Stati.

Per colmare la differenza tra la prospettiva di ritorno degli investimenti del pubblico e quella del privato (lungo periodo vs medio-breve) potrebbe essere molto utile una “banca degli intangibili” in grado di categorizzare le innovazioni pubbliche e di organizzarle in un grande “scaffale delle opportunità”. Questa organizzazione dovrebbe poi proporle alle aziende che si trovano nella migliore posizione di partenza per sfruttarle. La proposte dovrebbe anche contemplare accordi finanziari misti, compresa la partecipazione al capitale di rischio.

Così anche la comunità che ha sostenuto il peso dell’investimento in scienza pubblica potrebbe ricevere un ritorno concreto. 

Fonte dei dati utilizzati: rapporto Srip 2018 della Commissione Europea.

 

Andrea Ferri

 

Applicazione in azienda: alla guida di un’azienda non si può trascurare la ricchezza offerta dalla grande “banca della conoscenza e delle opportunità” accumulata negli istituti di ricerca, nelle università, ecc… Il sistema pubblico è debole e mal organizzato. Conviene alle imprese individuare le opportunità che più si sposano con il business e realizzare accordi efficaci e profittevoli con gli enti che ne dispongono.
Parola Chiave: innovazione
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